La storia di Lorena Quaranta

a cura di: MICHELA MARINUCCI
#36
#coronavirus #violenza sulle donne
09/04/2020

In Italia, a seguito delle restrizioni imposte per contenere il Coronavirus, si sta intensificando un altro grave problema: riguarda le donne, quelle più vulnerabili e in difficoltà. Ai cittadini è stato chiesto di non uscire, ma restare a casa non è per tutti una sicurezza. Le vittime di abusi, infatti, oltre al contagio, rischiano anche la violenza maschile. Ne è un esempio Lorena Quaranta, strangolata dal fidanzato Antonio De Pace nel loro appartamento a Furci Siculo, nel messinese, il 31 marzo scorso.

Lorena, studentessa di medicina all’Università di Messina, in questo periodo era molto sensibile all’emergenza Coronavirus. Attraverso i social diffondeva notizie utili per incentivare l’autoisolamento e raccontava storie di medici e infermieri impegnati nella lotta al Coronavirus, persone di cui sarebbe diventata presto collega. Ma il suo destino è stato diverso: è stata uccisa dal fidanzato dopo una lite, mentre si trovava in casa con lui.

Antonio ha dichiarato che temeva che la ragazza gli avesse trasmesso il Coronavirus, ma quello che spesso si fa passare solo come conseguenza o dramma della convivenza forzata, è in realtà un problema reale che affligge ogni giorno migliaia di donne vittime di violenza domestica, con e senza emergenza Coronavirus.

“Ora più che mai bisogna dimostrare responsabilità e amore per la vita. Abbiate rispetto di voi stessi, delle vostre famiglie e del vostro Paese. E ricordatevi di coloro che sono quotidianamente in corsia per curare i nostri malati. Rimaniamo uniti, ognuno nella propria casa. Evitiamo che il prossimo malato possa essere un nostro caro o noi stessi”. Scriveva così Lorena qualche giorno prima di essere uccisa, dichiarando il suo amore per la vita e per il suo futuro di medico.

Se per Lorena l’Italia è protetta dai medici, nessuno è riuscito a proteggere lei. Il fidanzato, davanti al corpo senza vita, ha chiamato subito i carabinieri per ammettere ciò che aveva fatto e successivamente ha tentato il suicidio, ma le Forze dell’Ordine sono arrivate in tempo per salvargli la vita e arrestarlo.

Lorena era originaria di Favara, un paese vicino ad Agrigento, ma aveva deciso di trasferirsi per proseguire gli studi e laurearsi all’Università di Messina. Proprio lì aveva conosciuto Antonio, infermiere calabrese al primo anno di Odontoiatria. Tra i due era nato un grande amore, così avevano deciso di andare a convivere, nella casa nel messinese dove è successo il dramma.

Gli inquirenti si stanno chiedendo se ad aver portato Antonio a compiere quel gesto sia stato il delirio di un momento o sia stato un omicidio studiato da tempo. L’unica cosa certa, però, è che proprio l’uomo con cui aveva condiviso libri e sogni, studi e viaggi, ha tolto la vita a Lorena. Amici e parenti hanno raccontato che erano una coppia felice, eppure la loro storia probabilmente nascondeva ombre e disagi.

Purtroppo molto spesso ci sono situazioni in cui le violenze fisiche e anche psicologiche non vengono denunciate e ciò porta le donne a sentirsi sempre più sole e indifese.

Inoltre, in un momento in cui i rapporti umani sono messi a dura prova, questa tragedia ci rende ancora più tristi.

Lorena sognava da tempo quel camice bianco, ma anche se non potrà più indossarlo, il rettore della Facoltà di Medicina, dove la ragazza stava per laurearsi, ha deciso che lei quel camice lo meritava, così ha chiesto che le venga conferita la Laurea honoris causa in Medicina.

La violenza non è mai un atto giustificabile e va quindi fermata.

Se anche tu subisci atti di violenza, ricordati che il numero nazionale ANTIVIOLENZA è sempre attivo. Non sei sola: chiama il 1522.