Il Cyberbullismo non si ferma nemmeno con il Coronavirus

a cura di: PAMELA NAOMI PEDERZANI
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30/03/2020

Nemmeno l’epidemia ferma la stupidità e il cyberbullismo. Nell’emergenza Coronavirus sono molte le scuole che hanno deciso di fare le lezioni online e continuare la didattica a distanza.

Attraverso piattaforme come Google Classroom, WeSchool e Moodle le lezioni continuano, anche se solo virtualmente. Esse permettono di fare l’appello, di scambiare appunti e di fare verifiche, corrette in tempo reale. Ma nemmeno questo sistema ferma il cyberbullismo: offese e insulti ai prof sulle piattaforme online sono all’ordine del giorno.

Nonostante l’impegno e la dedizione di centinaia di insegnanti in tutta Italia, molti ragazzi non riescono a prendere la situazione seriamente e, non dimostrando maturità, rischiano di incorrere in una denuncia per oltraggio al pubblico ufficiale. Dal punto di vista giuridico, infatti, per le piattaforme di videoconferenza si applica la stessa giurisprudenza consolidata in materia di social network. Inoltre, la legge prevede che l’insegnante o il dirigente che viene a conoscenza di questi reati è obbligato a esporre denuncia alle autorità.

Il problema della privacy e del trattamento dei dati di alunni e insegnanti è sempre stata una questione complicata. Ora però tra numeri di cellulari per le chat, case che diventano un set per le lezioni e foto denigranti di docenti e compagni di classe che circolano in rete, il cyberbullismo sembra aver ampliato le sue vittime.

È successo in alcune scuole della provincia di Milano: le lezioni online sono prese come pretesto per insultare e offendere compagni e insegnanti, nascondendosi dietro ad uno schermo. Spesso questo rende impossibile il proseguimento delle lezioni, ed i dirigenti si vedono costretti ad avvisare il ministero dell’Istruzione. Altre volte, i filmati delle lezioni in cui si sentono insulti rivolti all’insegnante sono stati condivisi su Whatsapp o altri social network, alimentando così ulteriormente il cyberbullismo.

La registrazione dei dati su queste piattaforme digitali, tuttavia, conserva tutti i dati degli utenti, per cui è facile risalire a chi ha insultato, offeso o bestemmiato. In seguito al riconoscimento dell’alunno, oltre alla denuncia, il ragazzo deve essere rieducato attraverso attività formative: pulizia delle aule, piccole manutenzioni, svolgimento di attività di volontariato o assistenza nell’ambito della comunità scolastica.

Anche in questa situazione, il ruolo di genitori e insegnanti è fondamentale. I ragazzi devono essere educati all’uso corretto delle tecnologie, ed introdotti a questa nuova e temporanea modalità di lezioni, per capirne l’importanza e contribuire alla buona riuscita di questo sistema. Tuttavia, molti genitori sono i primi a non crederci in prima persona. Sono proprio loro che lanciano l’allarme: “Non funziona!” è il grido dei genitori che in questi giorni sono alle prese con i propri figli tra i vari corsi online. Tra malfunzionamenti, disattenzione e cyberbullismo, non sta andando tutto come speravamo.

Nonostante questo, la didattica a distanza, spinta dall’effetto coronavirus, è ormai entrata nella quotidianità di studenti e docenti. La frase “Ragazzi, domani lezione online” è infatti diventata molto popolare e di conseguenza è scattata la corsa per dotarsi di tutti gli strumenti necessari e per scaricare le applicazioni che consentono di garantire un minimo di continuità didattica in questa quarantena, senza dare troppa attenzione alle richieste delle app in fase di registrazione. È utile, però, avere consapevolezza di che cosa facciamo quando diamo il consenso al trattamento dei nostri dati, al fine di tutelarci e proteggere i nostri diritti.