Come non cadere nella rete del Cyberbullismo

a cura di: MICHELA MARINUCCI
#25
#cyberbullismo
06/03/2020
Come non cadere nella rete del Cyberbullismo

Vi abbiamo raccontato molte storie, e sicuramente, leggendole, avrete notato delle tematiche in comune. Oggi vogliamo fare il punto della situazione affinché ci siano sempre meno storie di questo tipo da raccontare. 

1969, il mondo si connette per la prima volta ad Internet. Da quel momento molte cose sono cambiate: la comunicazione è diventata più facile, così come la diffusione e l’accesso a informazioni e notizie. Ma chi avrebbe mai pensato che uno strumento nato per aiutare, potesse poi trasformarsi in un’arma a doppio taglio? Si è passati fin troppo velocemente da un uso corretto di internet ad un abuso dello stesso. In quest’ultimo periodo ciò che caratterizza in modo negativo il web sono i continui atti di violenza commessi online. 

Tutti conosciamo il significato della parola bullismo: qualunque forma di violenza esercitata da un bullo nei confronti di una vittima, la quale viene presa di mira e diventa oggetto di aggressione fisica e verbale. In un mondo sempre più digitalizzato però si è fatto strada un altro tipo di bullismo, esercitato online, la cui minaccia è ancora più pericolosa perché esercitabile 24 ore su 24, 7 giorni su 7: il cyberbullismo.

Vi abbiamo già raccontato la storia di Amanda Todd, perseguitata e minacciata da un uomo conosciuto online, che comincia a diffondere le sue foto private nel web. La storia di Alessio finisce allo stesso modo: dopo la rottura con il ragazzo che frequentava, quest’ultimo utilizza le foto di Alessio per denigrarlo e insultarlo in rete. Abbiamo già visto che le conseguenze di queste azioni su queste vittime hanno un denominatore comune: isolamento e ripercussioni sull’autostima, e, nel caso di Amanda, persino la morte.  

L’aspetto più preoccupante è che sul web le notizie viaggiano molto velocemente e ciò che è online resta online per sempre, senza la possibilità di essere cancellato. Per cui prima di prenderci la libertà di parlare senza filtri, di applicare alla lettera la frase “esiste la libertà di espressione”, fermiamoci a riflettere sul fatto che le nostre parole possono ferire e impattare sulla vita degli altri.

E se siamo noi il bersaglio, come possiamo difenderci? Il mantenimento della privacy è un aspetto fondamentale per la sicurezza online, quindi stiamo attenti a non fornire informazioni personali (indirizzi, numeri di telefono) a sconosciuti incontrati in rete su chat e social. Se decidiamo di inviare foto intime cerchiamo di non includere il nostro viso, e non rispondiamo a messaggi provocatori, spesso inviati proprio con lo scopo di suscitare una reazione da parte della vittima.

La storia di Daniel ci dà però una speranza: anche i bulli possono cambiare e schierarsi dalla parte dei buoni. Spesso ci si limita a compiangere le vittime, senza però dedicare attenzione a rieducare i carnefici, passo decisivo per contenere gli atti di violenza. Perché, per qua to possiamo provare rabbia nei loro confronti, sono i primi ad aver bisogno di aiuto. I loro comportamenti aggressivi infatti possono derivare da situazioni problematiche in famiglia o violenze subite in prima persona. Durante la loro crescita non hanno imparato la gestione degli impulsi, ovvero l’autocontrollo, e manifestano i loro disagi riversandosi sugli altri. Urlano, insultano, minacciano, prendono in giro, perché quando non sai chiamare il dolore o la rabbia con il loro nome li scateni così. È facile prendersela con i più deboli. E se domani il debole fossi tu?

Non essere vittima di bullismo in silenzio. Non permettere che facciano di te una vittima. Non accettare la definizione di nessuno sulla tua vita, definisci tu te stesso.

Se hai subito abusi di questo tipo o conosci qualcuno che soffre per queste situazioni, parlane con qualcuno, denuncia e non ti vergognare a chiedere aiuto, perché #noinonstiamozitti.